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La nostra basilica.
sabato 27 agosto 2016
Grazie don Giovanni.
1. “E adesso, vescovo, che si fa?” Quante volte in questi giorni, amici miei, mi son sentito ripetere questa domanda. Dai familiari delle vittime; da chi si ritrova senza famiglia e senza casa; dai giornalisti in cerca di notizie; dai parenti e dagli amici nell’obitorio fra le salme che aumentano con il passare delle ore e dei giorni. Domande spesso solo pronunciate con il pianto e lo sguardo perso nel nulla. Esiste una risposta? Spesso l’unica è il silenzio e l’abbraccio.
Questa stessa domanda – “e adesso che si fa?” – l’ho rivolta in queste interminabili giornate di commozione e di strazio a Dio Padre, suscitato dall'angoscia di padri, madri, o figli rimasti orfani, dall'avvilimento di esseri umani derubati dell'ultima loro speranza. “E adesso, Signore, che si fa?” Quante volte, nel silenzio agitato delle mie notti di veglia e d'attesa, ho diretto a Dio la medesima domanda: a nome mio, a vostro nome, nel nome di questa nostra gente tradita dal ballo distruttore della terra. Mi è venuto subito in mente l’avventura di Giobbe, questo giusto perseguitato dal male, profeta che mai s'arrese nel rinfacciare a Dio le sue domande. Giobbe però, dopo una serie indicibili di provocazioni e di vessazioni d’ogni tipo arriva alla sua professione di fede: «Io lo so che il mio Redentore ( il mio vendicatore) è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere» (Gb. 19,1.23-27). La polvere, per l'appunto: il tutto che è rimasto anche a questa gente, Signore, dopo la tragedia. Tutto sembra diventato polvere: il terremoto ha accomunato paesi fratelli da Amatrice ad Arquata, un tempo parte della stessa diocesi per un totale provvisorio di 281 vittime. Ringrazio per questo il vescovo di Rieti, Mons. Domenico Pompili per la sua presenza e anche l’arcivescovo de l’Aquila, Mons. Giuseppe Petrocchi. La sofferenza aquilana mi è bene nota. Un intero pezzo di storia adesso non c'è più. Polvere, nient'altro che polvere: la polvere che per Giobbe, dopo il dramma di una fatica disumana, diventa altare sul quale brilla la vittoria di Cristo.
2. “Vescovo, non ci ripetere parole di circostanza, le solite cose di voi preti”: ci sta anche che in queste giornate così drammatiche qualcuno direttamente o nei social mi dica questo, nel momento in cui le parole inciampano. Anzi, ditemelo, fratelli e figli miei! Diciamoglielo tutti assieme a Gesù Cristo: “Signore sono le solite cose”. Qui abbiamo perso tutto o quasi e tu dove stai? Apparentemente non c’è risposta. Eppure, cari amici, se guardate appena sotto le lacrime, nessuno più di noi può testimoniare che il terremoto, come la malattia il dolore e la morte, possono strapparci tutto eccetto l’umile coraggio della fede. Ecco perché queste solite-cose possono essere la scialuppa di salvataggio per non affogare nella disperazione e mai come ora possono ridare luce alla nostra speranza. Provate a pensarci, se una ripartenza sarà mai possibile, ripartiremo insieme da queste solite e piccole cose: le sorgenti non perdono mai la parola. Senza questa sorgente di speranza che è la fede saremmo sul lastrico della miseria più nera. C'è una pagina bellissima, nell'avventura di don Camillo, che narra di una sera malinconica nella quale questo parroco dovette affrontare il dramma di un'alluvione che complicò terribilmente la speranza della sua gente: «La porta della chiesa era spalancata e si vedeva la piazza con le case annegate e il cielo grigio e minaccioso – scrive Giovannino Guareschi -. "Fratelli" disse don Camillo "le acque escono tumultuose dal letto del fiume e tutto travolgono: ma un giorno esse torneranno placate nel loro alveo e ritornerà a splendere il sole. E se, alla fine, voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete perso la fede in Dio. Ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni sua cosa". Don Camillo parlò a lungo nella chiesa devastata e deserta e intanto la gente, immobile sull'argine, guardava il campanile. E continuò ancora a guardarlo e, quando dal campanile vennero i rintocchi dell'Elevazione, le donne si inginocchiarono sulla terra bagnata e gli uomini abbassarono il capo. La campana suonò ancora per la Benedizione. Adesso che in chiesa tutto era finito, la gente si muoveva e chiacchierava a bassa voce: ma era una scusa per sentire ancora le campane».
3. Le torri campanarie, che hanno dettato i ritmi dei giorni e delle stagioni, sono crollate, non suonano più. Polvere, tutto ormai è polvere. Eppure, sotto macerie, c'è qualcosa che ci dice che le nostre campane torneranno a suonare, ritroveranno il suono del mattino di Pasqua. L'ha assicurato Paolo, quando ai cittadini di Corinto disse che «se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti» (1Cor 15,21). Paolo sapeva bene che Dio non è tenuto a giustificarsi. Il suo non è un Dio logico: non c'è nulla di più lontano da lui di tutta la nostra filosofia. Eppure Paolo, che con Giobbe condivide una fede-difficile, sa che Cristo ha la passione dell'impossibile, è il Dio al quale riescono le cose che gli uomini giudicano follia, assurdità. Quelle cose che nemmeno gli apostoli, durante un’improvvisa tempesta nel lago di Tiberiade, riuscirono a capire all'istante: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?» (Mc 4,35-40). Eppure erano uomini di mare: esperti, conoscevano le insidie e i venti contrari, avevano le mani ferite dagli uncini, le facce scavate dal vento, le loro erano vite vissute. “Al tuo Dio, don Giovanni, importa nulla se noi moriamo?”. Dio pare tacere, le nostre sembrano chiamate senza risposta. Dio è Padre misericordioso: non scappa dalle responsabilità, il grido degli angosciati gli fa vibrare le viscere. Non teme l'imprecare dell'uomo, non s'arrabatta nell'ira. Porge l'inimmaginabile della sua Croce a disposizione di chi vorrà tentare l'attraversata del fiume della vita, fatto di lutto, di lamento, di pianto e d'amarezza. C’è un segno che voglio condividere con voi. Alla sera del giorno del terremoto, mentre recuperavamo il Crocifisso, che è qui oggi, tra le macerie della chiesa totalmente distrutta a Pescara del Tronto, proprio sotto la chiesa i soccorritori stavano tentando di salvare con grande sforzo due stupende sorelline: la più grande Giulia purtroppo morta, ma ritrovata in una posizione protettiva su Giorgia, una bimbetta di scarsi cinque anni, che sembrava spaesata con la bocca piena di macerie. Morte e vita erano abbracciate, ma ha vinto la vita: Giorgia. Anzi dalla morte è rinata la vita perché chi esce dal terremoto è come se nascesse di nuovo. Amici, l'appuntamento, a noi, Dio sembra avercelo dato proprio qui, sotto la croce, sopra le macerie. Esattamente come a Nain: anche in quel paese si respirava odore di morte, aria della mestizia e dello smarrimento. Anche lì una madre piangeva l’unico suo figlio morto: «Non piangere (donna). Ragazzo, dico a te: alzati!». Le lacrime sono risorte, la morte fu vinta, proprio quando a tutti sembrava che non ci fosse più nessuna storia da raccontare: «Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre» (Lc 7,1-17).
4. “E adesso, vescovo, che si fa?” Un terremoto è la fine: un boia notturno venuto a strapparci di dosso la vita. La nostra terra, però, è popolata di gente che non si scoraggia. Mi rivolgo soprattutto a voi, giovani, perché tra le 49 vittime, non sono pochi i bambini e i ragazzi sepolti dalle macerie e i primi ad essere estratti a Pescara del Tronto sono proprio due innamorati quindicenni: Arianna e Tommaso. Voi ben sapete che i nostri nonni erano contadini, le nostre origini sono contadine. In natura arare è come un terremoto per la terra: si spacca, è ferita, ne esce frantumata in zolle. L'aratro ferisce ma è lo strumento-primo per la nuova seminagione: si ara per preparare la terra a un nuovo raccolto. I sismologi tentano di prevedere il terremoto, ma solo la fede ci aiuta come superarlo. La fede, la nostra difficile fede, ci indica come riprendere il cammino: con i piedi per terra e lo sguardo al cielo. La solidarietà – oggi rappresentata in maniera solenne dalla presenza del Presidente della Repubblica, al quale rivolgo il mio deferente saluto, dalle più alte cariche dello Stato e dalle tante autorità, dalle molte associazioni di volontariato, e dai tanti amici qui conventi a mostrare la concreta vicinanza di tanta gente da ogni parte d’Italia e del mondo, la solidarietà soprattutto del Papa, dei vescovi della nostra regione e delle Chiese di tutta Italia come pure del mondo. Grazie a tutti di cuore! La solidarietà e la responsabilità – dicevo – ci fanno tenere i piedi ben saldi per terra in un abbraccio che ci consente di affrontare insieme le difficoltà e costruire un mondo migliore. Gli occhi però devono guardare in alto: «Guardare al cielo, pregare, e poi avanti con coraggio e lavorare. Ave Maria e avanti» così ripeteva san Luigi Orione, il papà della mia congregazione religiosa, esperto di terremoti (Messina 1908; Avezzano 1915). Ave Maria e avanti! Amici tutti, non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza, ma non perdete coraggio. Insieme ricostruiremo le nostre case e chiese; insieme soprattutto ridaremo vita alle nostre comunità, a partire proprio dalle nostre tradizioni e dalle macerie della morte. Insieme! Ne sono certo, con l’aiuto della Madonna che mai ci abbandona, vivremo un’avventura straordinaria perché l’amore è più forte del dolore e la vita vince la morte.
venerdì 26 agosto 2016
Non allontanatevi.
Non allontanatevi, se possibile, dalle vostre case.
Non fatevi deportare in massa verso luoghi lontani.
Presidiate il territorio ma non per gli sciacalli, chi ha perso tutto con un terremoto sa che gli basta niente per vivere. Non allontanatevi perché appartenete a quella terra, sono là le vostre radici, senza radici sareste destinati ad essere foglie al vento.
Avete perso tutto? Vero! Ma avete ancora la vita.
Non fatevi prendere dai sensi di colpa: "perché non io invece di mio figlio, dei miei nipoti?"
E' questo il momento della solidarietà, delle coccole, delle promesse dei politici, forse delle passerelle (pensate che a L'Aquila durano ancora dopo sette anni) prendetevele tutte perché poi arriverà la dimenticanza. Quando al tg sentirete: ed ora cambiamo pagina, passiamo alle notizie della borsa, del calcio, della cronaca, della politica, della dieta, sappiate che si sta facendo largo la dimenticanza.
Non sempre dettata da un menefreghismo, spesso è semplicemente la vita che scorrendo ti riporta ad una anestetica ferialità.
Risento le stesse cose: sospensione delle tasse, congelamento dei mutui, sospensione del pagamento delle bollette. E' solo una sospensione. L'economia non conosce la pietà. Ti richiede tutto.
Non fatevi problemi se il vostro fisico vi richiederà un antidepressivo o un ansiolitico, no non siete malati o pazzi, siete dei terremotati.
Non date troppo peso a quella sensazione strana di camminare pensando di aver perso il baricentro, dovendo ogni tanto fare la convergenza delle gambe perché state andando storto. E' normale: siete dei terremotati.
D'ora in poi la vostra vita di dividerà in: a.T e d.T (prima del terremoto e dopo il terremoto).
Cominciate quanto prima a truccarvi e profumarvi perché la vostra vita non è finita.
Ricomprate un libro senza pensare: tanto a che serve?
Non permettete che depressione, tumore, infarto, ictus facciano più morti del terremoto.
Non datevi pena per i morti, sono nell'abbraccio di Dio che, pensate un po' che genio, non avendo pensato prima ad evitarla ha pensato bene di combatterla e vincerla.
Si con Gesù è morta la morte.
Non fatevi dividere, da noi dopo una prima solidarietà c'è stata la ideologia del Divide et Impera.
Chi stava fuori aveva tradito, chi era rimasto in tenda era un approfittatore.
Chi aveva dei figli era favorito nell'assegnazione degli alloggi, chi era single o prete (come me) non aveva alcun diritto se non eventuali briciole.
Non permettete che invidie e gelosie vi separino.
Toccherà a tutti un alloggio prima o poi.
Se la puzza delle tende vi stimola a rovesciare non abbiate vergogna ad andar via, (a me il solo ri-vederle in tv mi costringe a fare la doccia).
Fate giocare i bambini, raccontategli le storie degli anni passati, le favole dove il rospo diventa principe. Parlate tanto, parlate troppo: è curativo.
Non censurate le lacrime, i tremori improvvisi, i tic imprevisti.
Il terremoto ti insegna che è tuo solo l'attimo: vivilo come è meglio per te.
Dimentica l'apparenza e favorisci la tra-sparenza (tua e degli altri).
Sorridi quando sei in fila per il pranzo, la cena o il bagno.
Ringrazia chi cucina per te, chi ti serve il piatto.
Se entrare in una casa in muratura ti da fastidio non farlo, non sei strano tu. E' la casa che è diventata nemica. Vedrai che con calma ci farai la pace.
Se te le senti di pregare fallo, se non te la senti è preghiera anche quella. Non contano le parole.
Non cercate di raccattare quanto più possibile, né ora né dopo. Un po' meno del giusto va comunque bene.
Amati fratello e sorella terremotato, amati ed ama. Solo questo scalda il cuore e in fondo al tunnel si vedrà per minuscolo punto luce che ti fa dire: posso farcela anche stavolta.
giovedì 25 agosto 2016
Troppi morti. Troppo dolore. Overdose di amore.
Quando l'altra notte, alle 3,36, è arrivato di nuovo il rumore assordante del mostro non ho avuto la prontezza di esclamare, come alle 3,32 del 6 aprile 2009, "Vergine Santa", no stavolta mi è scappato un "porca trxia ancora?"
Mi sono buttato dal letto, in pochi istanti ho messo addosso quello che avevo a portata di mano e sono uscito. Paura? Noo! Dovevo solo fare il pieno alla macchina, che era in riserva. E' sempre meglio essere pronti, per qualsiasi evenienza.
Quante bugie raccontiamo a noi stessi pur di non accettare il limite delle nostre paure.
Fila al distributore. Quante persone di notte vanno a lavorare o vanno a vincere le loro paure o si danno uno scopo o un motivo per non pensare.
Beh visto che ormai sono sveglio forse un caffè ci sta tutto. Grande parcheggio, troverò posto.
Dio mio ma stanno tutti qua?! Entro nel bar... almeno cento persone. Troppe.
Mi rimetto in macchina, cerco un altro bar. Il secondo è più affollato del primo. Di nuovo in macchina... finalmente ne trovo uno con pochi avventori, ordino un cappuccino deca, la notte è fredda. Mi siedo. Il tg manda in onda immagini forse d'archivio e diffonde notizie false... "arrivano notizie di piccoli crolli"; ma quali piccoli crolli? Noi ormai abbiamo l'INGV incorporato. Una scossa del genere ha distrutto un'intera città. Rieti! Forse. No. Perugia? Forse! no. Ma allora dove? Confine Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria... Amatrice, Accumoli, forse Norcia, Arquata... dietro casa.
Conosco quelle zone, da seminarista le ho frequentate: Monti Sibillini, il Vettore, Amandola, Santa Vittoria, la piana di Castelluccio... Conosco le case, belle quanto fragili. Con quella scossa ci saranno almeno 100 morti. Scarsamente popolate, manco per niente. Arquata si riempiva di turisti di ritorno dallo stress e dallo smog delle grandi città. Amatrice con la sua sagra delle sagre, con la sua festa dell'amatriciana.
Ci saranno tanti morti. Il tg parla forse di due vittime. Sono già troppe ma speriamo che siano le sole, ma so che non è così. Fortissima la scossa. Le vittime saranno tantissime.
Torno a casa alle 7,00, accendo la tv, la realtà comincia a delinearsi in tutta la sua verità.
Purtroppo avevo ragione, aumentano le vittime, la gente si sente sola...
Lo so amici miei vi sentite soli, ma come è difficile arrivare con i mezzi di soccorso quando le strade sono intasate di macerie.
Amatrice ha 69 frazioni, 69 strade interrotte per arrivare in ogni singolo borgo. Come si fa a aiutare 69 frazioni contemporaneamente? E poi Accumoli, altre frazioni, e Arquata altre frazioni.
Sono uomini quelli che aiutano e non dei.
Vi sentite e... siete soli.
Facciamo ciò che possiamo.
Intanto ci muoviamo a pietà e mettiamo in moto la fantasia della solidarietà.
Intanto cerchiamo di capire cosa possiamo fare.
E la mente va a quel 6 aprile 2009.
Di cosa avevo bisogno? Di tutto! Scarpe, calzini, acqua, pantaloni, maglione (perché qui la notte è fredda), un abbraccio, sapere chi c'è e .... chi no.
Il tg dice di non intasare le strade per permettere ai mezzi di soccorso di giungere in fretta.
Di cosa hanno bisogno? Che io per ora stia al posto mio.
Ci sarà tempo per l'aiuto. Facciamo fare a chi sa e può.
Ed ora ti trovi a sollecitare raccolte di cibo, di acqua, di materiale sanitario, igienico, giocattoli, libri e quaderni... di amore e di Amore.
Per un attimo penso: "Sciacalli quello che ridono, ma no questa volta non sarà così". Hanno già riso abbastanza con L'Aquila, non si può ridere sempre.
Risus abundat in ore stultorum.
Ma la mamma dei cretini è sempre incinta.
Vorrei portarvi tutti a casa mia cari amici di Arquata, Accumoli, Amatrice, vorrei a tutti offrire una doccia e un caffè. Quanto sono importanti quando non ce l'hai.
Vorrei darvi speranza, voglia di lottare, futuro.
Vorrei evitare il dolore del post, quando i riflettori si spegneranno, quando la dimenticanza prenderà il sopravvento, quando non sarete più dei terremotati ma coloro che hanno avuto un sacco di benefici, ai quali nulla è mancato, ai quali si dirà "ma cosa vogliono ancora?"
Tornare indietro, riavvolgere il nastro della vita per togliere alcuni fotogrammi drammatici, non previsti.
Vorrei portarvi tutti a casa mia, ma forse sarebbe solo una inutile deportazione. Le colline e le cime e i fiumi e le valli sono la vostra casa.
E allora vorrei riportarvi tutti a casa vostra, più bella, più sicura, rifugio e non tomba, alcova d'amore e non salotto di disperazione.
E forse potevo starmene zitto e non scrivere queste sciocchezze.
Venite a casa mia, una doccia e un caffè a tutti è assicurato, e un sorriso e una carezza, e la certezza che la vita è più forte della morte e si riprende sempre i suoi spazi, più fragili ma pur sempre spazi di vita.
giovedì 11 agosto 2016
Festa Patronale 2016 - Venerdì 12 agosto
GIORNATA DELLA MISERICORDIA
Venerdì 12 agosto p.v. daremo inizio alla festa patronale di Maria Assunta in Cielo.
In mattinata e nel pomeriggio visita e comunione ai malati e anziani della parrocchia (si prega di dare segnalazione al parroco di persone che non possono partecipare alla liturgia e che desiderano la comunione).
Alle ore 21,00 Liturgia Penitenziale per presentarci a Maria nel giorno della sua festa con il vestito del battesimo reso di nuovo bianco grazie alla misericordia del Padre.
Non mancate.
sabato 6 agosto 2016
Festa Patronale 2016.
PARROCCHIA
“SANTA
MARIA ASSUNTA”
GIGNANO
(AQ)
Carissimi/e
finalmente possiamo celebrare la nostra festa nella
ritrovata chiesa parrocchiale. Il programma che ci siamo dati l’8 dicembre del
2015 si riassume nel motto “Una nuova
chiesa per una Chiesa nuova”. Occorre convertire la nostra idea di festa
religiosa tenendo presente che si tratta della festa della Assunzione della
Vergine Maria e non di una delle tante sagre che si tengono in questo periodo
dell’anno. Per questo la proposta è squisitamente religiosa.
VENERDI’
12 AGOSTO “GIORNATA DELLA MISERICORDIA”. Durante la giornata sarà
portata la comunione a malati ed anziani che non possono partecipare alle
liturgie. Si prega di dare comunicazione al parroco delle eventuali persone
interessate a ricevere Gesù Eucaristia. ORE
21.00 Liturgia penitenziale.
SABATO
13 AGOSTO “GIORNATA DELLA SANTITA’”. Alle ORE 18,00 celebrazione eucaristica.
Seguirà l’inaugurazione di una mostra d’arte e conferenza sul tema “Il profumo
della Santità”. Ospiti a sorpresa. Il percorso della mostra d’arte finirà con
un piccolo rinfresco per tutti.
DOMENICA
14 AGOSTO “GIORNATA DELL’AMORE”. Alle ORE 11,00 celebrazione eucaristica.
Alla fine esposizione solenne del SS. Sacramento e adorazione eucaristica
libera. ORE 15,00 Coroncina alla Divina
Misericordia. ORE 21,00 VEGLIA
MARIANA. Per tutta la giornata sarà possibile donare beni alimentari a lunga
scadenza da destinare ai bisognosi che bussano alla porta della parrocchia.
LUNEDI’
15 AGOSTO “GIORNATA MARIANA”. Per tutto il giorno ci
sarà la ‘Mariatona’, una staffetta di preghiera, di lode, di supplica, di
ringraziamento. Ai piedi di Maria ognuno potrà lasciare la sua preghiera che
poi, insieme all’incenso, sarà elevata al Padre durante la processione. ORE 19,00 Preghiera del Santo Rosario, Celebrazione
Eucaristica e Processione-fiaccolata secondo il solito itinerario. Sarebbe
bello che quest’anno ci fossero almeno otto uomini per accompagnare la Madonna
per le strade del quartiere.
Domenica
14 e lunedì 15 sarà possibile visitare la mostra d’arte aperta nei locali della
parrocchia nei seguenti orari: 10,00-12,30
e 17,00-21,00.
Si raccomanda una partecipazione attiva di tutti come
testimonianza del nostro amore a Maria e alla comunità parrocchiale.
giovedì 4 agosto 2016
Qualche giorno fa mi è capitata una cosa strana. Per questo chiedo lumi a chi ne sa di più.
Una signora mi chiama e mi chiede se potevo passare a trovarla. Dico che sarei passato il giorno successivo e che le avrei portato anche la comunione.
Il giorno dopo, di buon mattino, vado a trovarla, le do la comunione, parlo un po del più e del meno.
Capisco però che c'è un non detto, allora chiedo se volesse dirmi ancora qualcosa.
Lei, con gli occhi un po lucidi di lacrime, e mi confida che il giorno prima era stato il suo compleanno. I figli avevano deciso di festeggiare. Hanno comprato una magnifica torta, con tante candeline, uno spumante, il gelato e hanno festeggiato... Si, ma senza di lei. La mamma l'hanno tranquillamente lasciata a casa sua. Hanno festeggiato il suo compleanno senza di lei. Ho cercato di consolarla. Di dirle che forse..., forse... forse... Ma forse cosa?
Adesso cosa dovrei fare io con quei figli?
Si accettano consigli.
Una signora mi chiama e mi chiede se potevo passare a trovarla. Dico che sarei passato il giorno successivo e che le avrei portato anche la comunione.
Il giorno dopo, di buon mattino, vado a trovarla, le do la comunione, parlo un po del più e del meno.
Capisco però che c'è un non detto, allora chiedo se volesse dirmi ancora qualcosa.
Lei, con gli occhi un po lucidi di lacrime, e mi confida che il giorno prima era stato il suo compleanno. I figli avevano deciso di festeggiare. Hanno comprato una magnifica torta, con tante candeline, uno spumante, il gelato e hanno festeggiato... Si, ma senza di lei. La mamma l'hanno tranquillamente lasciata a casa sua. Hanno festeggiato il suo compleanno senza di lei. Ho cercato di consolarla. Di dirle che forse..., forse... forse... Ma forse cosa?
Adesso cosa dovrei fare io con quei figli?
Si accettano consigli.
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