La nostra basilica.

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Era ormai necessario darsi una pagina internet.

venerdì 26 dicembre 2014

Omelia per la messa di Francesco Leccese


“Ehilà peccatore bentornato!”
Ciao Francesco, questa é la nostra frase, ricordi? La tua frequentazione alla messa domenicale negli ultimi tempi si era un po’ allentata ma non mancavi mai la notte di Natale e di Pasqua, ed io invece di dirti “il corpo di Cristo” ti dicevo appunto “Ehilà peccatore bentornato!”, tu sorridevi, io sorridevo, con te é impossibile non sorridere.
Sento vera per me la frase di una canzone di Ligabue: “Ho perso le parole”… io qui sono il prete, il tuo parroco, l’amico di famiglia. Dovrei dire parole di conforto, di speranza, di resurrezione… ma ho perso le parole. Allora mi lascio andare alle sensazioni, alle emozioni. Allora decido di scriverti una lettera, informale, tra amici, dove posso permettermi errori teologici, cadute di stile… una lettera che dice il cuore mio in questo momento.
Ti ricordi quando nelle messe importanti ti chiedevo di passare con il cestino e tu mi rispondevi “quanto mi dai?” … “il 10% è tuo… Era un dono di natura il tuo giocare, scommettere… quel 10% non te l’ho mai dato, ma tu sgamavi i bari e restavi impassibile la vicino al fedele che tentennava a far cadere la sua offerta nel cestino… con la tua faccia di… bronzo. Io dall’altare mi gustavo la scena, sorridevo e, a fine messa, tra una fetta di pandoro o la pizza di Pasqua ti dicevo: “Quello ci ha provato eh?” e tu mi rispondevi: “Ho vinto io però Brunito”. Tu hai sempre sbancato Francè!
Quando ero adolescente, quando le parole hanno un peso specifico notevole, ho avuto la fortuna di incontrare dei preti che erano anzitutto compagni nell’avventura della vita. Ognuno di loro mi ha lasciato una frase, una verità, un progetto, un sogno. Voglio condividerne qualcuna con te!
“La vita è la realizzazione del sogno della giovinezza”. La ricordo ancora questa frase, la vita è la realizzazione del sogno della giovinezza. Quanto è vera. Ecco questa è la prima cosa che ho pensato di te. Tu Francesco hai realizzato, scalando velocemente tutte le tappe, la tua vita, perché hai realizzato il tuo sogno. Felice a Birmingham con un sottile filo di nostalgia per la tua città, per la tua famiglia, per la cucina di casa tua… mammina dicevi durante le tue telefonate a casa. Mammina in bocca a te, chi l’avrebbe mai immaginato? Tu sempre così sicuro, spavaldo, deciso, tu che dicevi mammina… un miracolo. Sai Francesco qui oggi ci sono tutti i tuoi amici, alcuni sono tuoi coetanei, altri un po’ più piccoli o più grandi. Tanti di loro sono in gamba come te, alcuni purtroppo si lasciano vivere nelle infinite vasche su e giù per il corso di una città che non c’è più, che ancora non c’è, magari fatti e strafatti di vino, di droga, di nulla. Per alcuni di loro è vero quello che mi ha detto tuo papà qualche giorno fa: “La vita è quella cosa che ti accade mentre tu sei impegnato a fare qualcos’altro”. A loro tu dici oggi che non vale la pena lasciarsi vivere, a loro tu dici oggi che scoprire e realizzare i propri sogni è l’unico motivo che da senso alla vita, che la rende bella, avventurosa, alta. E’ vero il tuo sogno è diventato il nostro incubo… ma tu eri felice e questo ci basta, ci deve bastare.
“Se vuoi tracciare dritto il solco della tua vita attacca il tuo carro ad una stella”. Quante volte ci capita di guardare il cielo di notte e chiederci chi siamo. Da un mese guardiamo il cielo e lo vediamo terribilmente vuoto. “Ho sentito dire che qualcuno ha scritto che la tristezza più grande è sentire di dover ringraziare qualcuno e non sapere chi. Io vorrei incazzarmi con qualcuno ma non so con chi” questa frase è del tuo papà, detta a mezza bocca tra un fiume di lacrime, un pugno tirato ed una mano tesa a cercare sostegno. Francesco adesso quella stella devi essere tu. Perché “quaggiù non siamo in cielo, e se un uomo perde il filo è soltanto un uomo solo”… e no Francesco, tu devi essere quella stella alla quale ciascuno di noi può attaccare il carro della sua vita, abbiamo bisogno di te per non perderci. Da subito mi son detto “ci deve essere una Grazia in questa disGrazia”. Aiutaci a capire cosa vuole da noi questo tuo sacrificio.
 Ti ricordi Francesco la prima confessione fatta con me? Ero arrivato da pochi giorni a Gignano, voi ragazzi non avevate accettato di buon grado l’avvicendamento tra don Juan e me, mi guardavate con sospetto, come fossi un usurpatore. Io non ne avevo colpa e nemmeno don Juan, l’obbedienza ci chiedeva questo. Ed io vi guardavo da lontano, con rispetto e timore (tu, Valentina, Ilary; Arianna, Andrea, Francesco, Alessia, Claudia, Antony…). Tu hai rotto il ghiaccio e mi hai chiesto di confessarti. Il mio imbarazzo era evidente ma ho detto “Ok”. Ricordo ancora l’angolo della tendochiesa dove abbiamo cercato di trovare un po’ di raccoglimento in mezzo a un mare di ragazzi che facevano il campo estivo. Ho potuto ammirare la sensibilità e il candore della tua anima. Come penitenza ti ho dato una carezza e ti ho detto “torna a giocare con i ragazzi e sii felice”.
Adesso tu devi dirla a noi questa frase. La devi dire a mamma e papà… “Tornate a giocare con Filippo e Ludovico e siate felici… non rottamatevi. Imparate da me”.
Tua mamma, tuo papà, Filippo, Ludovico… Penso a loro e sperimento tutta la mia impotenza. A proposito sai cosa mi ha detto Filippo l’altra sera a casa tua? “Ciao don Bru’… oh ma sempre qua stai?” ha imparato bene da te come essere bipppppp (stronzi) e non farlo pesare… Complimenti!
Penso a loro e mi vengono in mente tre icone di vangelo, vorrei dirle in punta di piedi, con tutto il rispetto di cui sono capace, non ricette preconfezionate ma suggestioni, parole vuote che spero siano riempite da Lui.
-          “Donna non piangere”… Vorrei dirti cara Alessandra con la stessa dolcezza, con la stessa tenerezza ma anche con la stessa certezza di Gesù “Donna non piangere!”. Te l’ho dico Alessandra, sapendo che adesso vorresti tirarmi un pugno, te l’ho dico come atto di fede in Colui che primo ed unico ha usato questa espressione e che solo Lui può ridirti in questo momento e per tutti i momenti della tua vita. Vivi Alessandra, questo vuole Francesco da te.
-          “Figlio ecco tua madre, e da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”. Giuseppe vivi questo dolore con gli occhi del discepolo amato che ai piedi della croce, perso e disperato per l’amore della sua vita che se ne va, è invitato da Gesù stesso a non guardare alla croce ma agli occhi di quella donna di Nazareth. Se desideri, e so che lo desideri, restare padre, prendi e pendi dallo sguardo di Maria. Se ridiventi figlio continuerai ad essere un padre eccezionale come lo sei sempre stato.
-          “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. Filippo, Ludovico oggi state vivendo il dramma di Marta e Maria. L’assenza di Francesco e, con la sua assenza, anche quella di Gesù. Io non so come e quando ma il Risorto farà con Francesco quello che ha fatto con l’amico Lazzaro, con il figlio della vedova di Nain, con il servo del centurione… “Credi tu questo?” chiede Gesù a Marta. Credete voi questo? Credo io questo? La nostra risposta, la vostra risposta, la mia risposta, in questo momento, è no! Ma a Lui non importa la nostra risposta, a Lui interessa solo la nostra domanda, la nostra pretesa espressa anche con la disperazione delle lacrime o di una bestemmia non detta ma pensata: “se Tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto «mo vidi che t’ha fa’»”.
-          A tutti i tuoi amici, a tutti gli amici dei tuoi amici, a tutti quelli che oggi ti fanno corona, vorrei dire due consegne che il nostro vescovo ha dato a tuo papà qualche sera fa:
- La morte non può uccidere l’Amore, la morte non ha alcun potere sull’amore;
- Desiderate continuare a sentire Francesco, scherzare, suonare, ridere… Allora dovete cambiare frequenza alla radio della vostra vita. Bisogna passare sulle frequenze dello Spirito, dell’Infinito, su frequenze altre ed alte.

Francesco permettimi un gesto, lo voglio fare a nome di tutti. Le mani di mamma e papà sono state le ultime che ti hanno lungamente accarezzato due giorni fa, quelle mani io ora voglio baciare perché così il mio, il nostro bacio arriva a te. Ma soprattutto perché ora quelle mani sono diventate mani sacerdotali, mani sacre che ti hanno offerto in sacrificio sull’altare del dolore. Accarezzandoti con amore hanno celebrato la loro prima, la loro ultima la loro unica vera messa.
Fatti sentire ogni tanto.
Bentornato peccatore.

Don Bruno